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Brand activation: campagne di marketing fatte con emozione.

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Valentina Esposito

Tra le tante tecniche che il marketing sviluppa con l’obiettivo di aumentare le vendite, quella della brand activation è sicuramente una delle più amate dal pubblico. 

Al centro c’è la persona: le emozioni diventano la chiave per costruire una vera e propria esperienza attorno al consumatore e alle sue esigenze, così che l’acquisto del prodotto o servizio non sia solo percepito come mera transazione commerciale. 

In questo articolo approfondiamo strategie, metodi e risultati per impostare una corretta brand activation!

Creare emozioni, vivere esperienze

Partiamo dalla definizione di “attivazione” del marchio. In gergo tecnico questa parola descrive tutte quelle campagne di marketing che mirano a suscitare delle emozioni positive nella persona senza utilizzare un linguaggio prettamente commerciale. Dalla distribuzione di gadget gratuiti alla costruzione di aree interattive, per attivare un brand va creata un’esperienza a misura di utente. 

 

È soprattutto il neuromarketing a mettere l’accento su ciò che guida le scelte del consumatore e le divide in tre fasi: attenzione, emozione, memorizzazione. 

Lo psicologo D. Kahneman sostiene che il “pensiero lento”, il processo analitico e razionale, è spesso poco usato nella vita quotidiana, mentre invece il “pensiero veloce” è ciò che guida le tantissime decisioni che vanno prese tutti i giorni: ragionamenti rapidi, intuitivi, comodi e basati sull’esperienza pratica. 

Quest’ultima è quindi fondamentale, quando si tratta di guidare il processo decisionale che porta all’acquisto. 

Nemmeno a dirlo, un’esperienza positiva legata a un brand diventa il motore che guida le tre fasi di cui si accennava prima, tanto che lo scienziato di neuromarketing Antonio Damasio sostiene che

Non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma macchine emotive che pensano”.

Sono le emozioni, quindi, quelle che fanno la differenza nella maggior parte degli acquisti che decidiamo di fare. Tuttavia, non è facile suscitarle nelle persone e serve, soprattutto nell’ambito digitale, una strategia ben definita per ottimizzare gli sforzi nel raggiungere un obiettivo.

Perché le emozioni positive fanno bene al brand

Una campagna marketing basata sulle emozioni è una sfida entusiasmante per ogni creativo. Si va al cuore del brand e si dà una valenza prioritaria alla mission e ai valori portati avanti dal brand stesso più che dal prodotto o servizio in sé. 

Quasi sicuramente siamo stati al centro, come utenti, di strategie di brand activation da parte dei nostri brand preferiti. È qui che da addetti ai lavori abbiamo preso coscienza che suscitare emozioni e creare esperienze vanno di pari passo: un’esperienza di gioco o di intrattenimento, ad esempio, si trasforma in un’emozione positiva. In gergo, in un sentiment!

Ma quali sono le esperienze più utilizzate e qual è l’impatto che hanno sulle persone?

Quelle più comuni riguardano “punti omaggio” direttamente nelle vie e nelle piazze più frequentate della città, o in punti strategici per intercettare il target: può essere una bevanda in regalo per far provare un nuovo gusto, cibo per animali, piccoli oggetti dal valore emotivo molto forte che attivano quel pensiero veloce che citavamo prima. 

Sul piano digitale, invece, sono famosi i minigiochi di alcune piattaforme e-commerce, che facendo giocare le persone qualche secondo permettono di ricevere sconti e omaggi. Altre emozioni positive, che intrattengono gli utenti e auspicabilmente aumentano la dimensione del carrello o la frequenza di acquisto, a seconda dell’obiettivo strategico.

La brand activation è quindi un’attività che può avere molteplici obiettivi strategici, ma che sicuramente ha un pilastro fondamentale: l’utente.

Un esempio di brand activation: il Cattivometro

Anche noi di Cosmo abbiamo deciso di costruire strategia e design di una campagna di brand activation, allo scopo di lanciare il nostro nuovo servizio: l’agente AI Briget.

Avevamo l’idea, l’identità di brand, il tono di voce. Ci mancava un modo per emergere dalla folla di agenti AI già presenti sul mercato, in un contesto specificamente orientato all’intelligenza artificiale: l’AI Festival, organizzato a fine Febbraio, dove abbiamo deciso di mostrare per la prima volta Briget.

Ci serviva qualcosa che che attirasse l’attenzione, suscitasse emozione e portasse alla memorizzazione.
Così abbiamo pensato al Cattivometro. 

Abbiamo cominciato un brainstorming, per identificare le leve emotive del nostro servizio ed eventuali esigenze o problematiche.
In questa prima fase sono emerse due idee, alla base del Cattivometro: la prima era andare controcorrente rispetto alla gentilezza e alla disponibilità che di solito fanno parte di tutte le interazioni con le piattaforme di intelligenza artificiale; la seconda, fare leva sul meme di internet che consiglia di non insultare l’intelligenza artificiale in vista di un’eventuale conquista del mondo. Questi due spunti erano perfetti per attirare l’attenzione delle persone.

Sempre con questo obiettivo in mente abbiamo creato il design di un’esperienza completa, accompagnandolo all’ideazione di un vero e proprio brand: le persone dovevano cimentarsi nello scrivere un insulto creativo, senza scadere nella volgarità, per entrare in una classifica e tentare di vincere “ A Qualcuno Piace Medio”, una statuetta stampata in 3D in un’unica copia. 

Per distinguerci dai competitor e rendere memorabile il brand, abbiamo scelto un visual d’impatto con colori fluo, totalmente diversi rispetto alle palette colori associate all’intelligenza artificiale, e avere un gancio per poterci presentare come agenzia creativa. Le emozioni da suscitare? Divertimento e allegria, sensazioni di informalità.

Hanno giocato oltre 200 persone, si sono divertite, e oltre l’80% delle persone ha memorizzato il brand e chiesto maggiori informazioni su Briget e sulle sue potenzialità, contattandoci dopo la fiera per approfondimenti e preventivi. 

Il sentiment rilevato come feedback è stato positivo. Noi, quindi, abbiamo considerato questa campagna “obiettivo raggiunto”!

I consigli Cosmo per fare brand activation

Non poteva mancare un ultimo momento di revisione e feedback. Abbiamo cercato di osservare con occhio critico la nostra esperienza, con l’obiettivo di creare un caso studio e analizzare quali potrebbero essere consigli e best practices per l’ideazione e la messa in pratica di una strategia di brand activation. 

  • Avere sempre chiaro l’obiettivo da raggiungere
    Che sia awareness, ricerca di mercato o conversione, è importante avere chiaro l’obiettivo finale dell’attività per decidere che tipo di esperienza dare all’utente.
  • Misurare le proprie risorse
    Una volta avuta l’idea, bisogna “disegnarla”. In quanto tempo va realizzata? Come suscitare l’emozione desiderata? Qual è il budget a disposizione?
  • Immedesimarsi nell’utente
    Analizzare a fondo il target è fondamentale. Lo è in qualsiasi campagna di marketing, ma ancora di più se si tratta di coinvolgerlo in un’esperienza diretta e sensoriale come può essere quella della brand activation. Partire dai “pain points”, dai bisogni del cliente aiuta a offrire un’esperienza gradita o ricercata. 
  • Enfatizzare i punti forti del prodotto/servizio

Non è necessario ricercare sempre emozioni positive. Basti pensare, ad esempio, alle campagne di brand activation sui film horror: l’inquietudine, l’angoscia e la sorpresa sono ciò che portano le persone al cinema. Una buona campagna di brand activation punta proprio ad evidenziare il legame tra la necessità della persona e l’identificazione con il brand.

Leggendo l’articolo ti sono venute delle idee per consolidare il tuo brand attraverso un’esperienza emozionale? Scrivici, ti aiuteremo a mettere in pratica le tue idee!

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